27 settembre 2010

Memorie involontarie

  
Dopo questo post.

" Perché è così che ti frega la vita.
Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine,
o un odore, o un suono che poi non te li togli più.
E quella lì è la felicità. "





A.B. (ho solo cambiato un tempo verbale)

26 settembre 2010

Se telefonando

-        Scusa se ti rompo, ma ho un problema con bla bla bla e non riesco a trovare il mio medico curante.
-        Sì, ho capito fai così e così, bla bla bla.. Comunque il tuo medico curante dovrebbe avere un sostituto nel momento in cui è assente.
-        Sì ce l'ha, ma..
-        Ma ?
-         E’ una donna !
-        ….....

21 settembre 2010

Do you have Wonder Woman syndrome ?



Uno dei criteri per la diagnosi: il tuffo del cellulare nel WC. Cosa che mi è successa due volte nell'ultimo anno: oddio, sono malata..
In altre parole: multitasking, forse uno dei mali del secolo. Mentre si fa una cosa, se ne fanno altre tre o quattro o anche di più.
In letteratura scientifica il multitasking è una delle fonti di errore medico più comune (e vai).
Ma anche a livello più generale sommi studi hannno dimostrato che il cervello del multitasker lavora male: poco concentrato, poca memoria, disattenzione cronica, insomma pare che i multitasker alla resa dei conti siano anche intellettualmente in svantaggio.
L'origine del multitasking è stata attribuita alla volontà dell'uomo di andare alla stessa velocità delle macchine (così dicono), ma riflettendo sul mio caso, ho capito che non tutti multitasker sono uguali. Che ne esistono di congeniti e di acquisiti e allora un po' il discorso cambia.
Cambia perchè una cosa è essere, un'altra diventare.
Per esempio da bambina ero capace di trastullarmi per ore con lo stesso gioco, senza avere la benchè minima necessità di fare altro (come leggere il giornalino di gianburrasca o fare la gara di biglie o tirare con la fionda al primo bersaglio semovente in circolazione).
Poi. Da adolescente ero capace di stare ore sotto il sole (senza peraltro abbrozzarmi ndr) o davanti al mare, senza che mi scoppiasse la testa in un'espolosione di pensieri. Ne bastava e avanzava uno, così nascono le grandi idee. Ero anche capace di leggere più volte lo stesso libro, iniziandolo e finendolo di continuo per non farlo finire mai (sì sono anche compulsiva e allora?), ma per lo meno non facevo nel frattempo niente altro, che non fosse ingoiare chili di caramelle gommose alla liquirizia.
Poi. Università: solo studiare, per qualche anno. E non c'era tempo davvero di fare niente altro, neanche a volerlo. Poi. Specializzazione, poi lavoro. E qui si comincia a declinare.
Non so se per recuperare il tempo perduto, non so se per quella fottutissima espressione tipo “the final countdown” che leggi sui volti degli altri quando gli dici che hai da poco superato i trenta (ma dai, ne dimostri 20..), ma incominci a dire sì a tutto. Sì.
Sì a tre ambulatori oltre al lavoro ospedaliero. Sì a rinfrescare l'inglese, “perchè serve sempre sai”. Sì al mutuo a 30 anni per la casa. Sì al fantastico mondo della ristrutturazione (che merita un post a parte). Sì a qualcuno che venga dopo di te, qualunque cosa significhi e da qualunque parte venga.
Sì davanti al sindaco (all'assessore nel nostro caso). Sì a la cucina che passione, investiamoci tempo e fatica. Sì a questo blog (ennesima prova irrefutabile del mio multitasking).
Sì anche (esageriamo, tanto ormai) ai sogni che avevi accantonato quasi per sempre.

La terapia ufficiale proposta dagli studiosi è ovviamente la deprivazione assoluta dai molteplici tasks d ella durata variabile da una settimana a più.
Ecco. Se applicassi su me stessa l'esperimento arriverei a

  • perdere il lavoro prima o poi perchè non è proprio possibile uscire vivi da una mattinata di reparto senza fare più di una cosa alla volta

  • andare in rovina perchè non pago il mutuo perchè ho perso il lavoro

  • andare in depressione perchè, oltre a non avere più lavoro e casa, non posso cucinare ascoltando musica

    E di conseguenza addio sogni (che come disse una volta qualcuno, richiedono- eccome- fatica).
Ora io sarò anche una multitasker, ma quando troverò qualcuno che vive la mia settimana al posto mio senza fare almeno due cose contemporaneamente, giuro che lo pago. Lo pago.
Forse il fatto di diventare multitasker ha a che fare con la consapevolezza che il tempo trascorre troppo velocemente per la nostra capacità di viverlo. Che è passato tutto troppo in fretta. Che hai scelto, un pò sul serio, un pò per gioco, e queste scelte sono diventate la tua vita. E allora all'improvviso ti viene voglia di riscegliere ancora, sempre, di aprire di nuovo il libro alla prima pagina più e più volte. E dentro il magma della tua vita ci infili tre, quattro altre vite possbili. E vuoi, pretendi di gestirle tutte.

Mentre sto scrivendo il post, il mitico Charles BB mi sta chiedendo dove si trova il suo accappatoio e mi sta anche proponendo di iniziare un corso di francese quest'inverno, caso mai venisse voglia di trasferirci a Parigi.
E poi si lamentano se qualcuna dice di avere la sindrome di Wonder Woman.

19 settembre 2010

Istantanea

E' mattina, brezza leggera.
Lei è seduta all'aperto, al tavolo di legno.
E' vestita di strani colori, qualche filo tirato, capelli lisci, niente trucco. Mangia un uovo con un cucchiaio, il tuorlo le cola dall'angolo della bocca, lei non smette di sorridere. Nel frattempo legge avidamente uno, due, tre giornali. E fuma avidamente. A volte quando aspira alza la testa e abbraccia il mondo con lo sguardo.
Lei c'è tutta.
E tutta lì è la vita, per un attimo.

Lei ha circa 80 anni.

E' l'immagine di Londra che più mi ritorna in testa andandomene, insieme a una certa speranza.

waving my hand

Arriva sempre il tempo di tornare.

Come sempre accade mi scivola addosso un certo senso di colpa, il solito, e la paura di non poter tutto racchiudere, tutto controllare. Quello che lasci, quello che ti aspetta.
Quando la notte un brutto sogno non basta e te ne arrivano due.  
Settembre non è mai stato un inizio per me. Lo è stato il mese precedente, l'estate gialla e solitaria in cui ti senti di poter intraprendere qualsiasi cosa, e lo fai.
Poi si tratta di andare avanti, anche se già sai che il vento sarà un tantino contrario.
Si tratta di filtrare il liquido pieno di grumi con un setaccio a maglie strette. Di non scordare quello che, davvero, è in primo piano per te.

E forse ritornare è così: un occhio davanti e uno dietro, mentre ciò che lasci ti sembra familiare e ciò che ritroverai una foresta intricata e incomprensibile.
Dove se ti va male ti perderai di nuovo o, se proprio ti va bene, finirai dritta nella tana del Bianconiglio.

16 settembre 2010

Terzo Mondo


- Qui a Londra, in occasione della Pope's visit, si sono mobilitati in diversi, ma non con i toni dell'attesa fervente: secondo un sondaggio commissionato dal Tablet (giornale cattolico inglese) il 79% dei britannici non nutre interesse per la visita del Papa e il 77% ritiene che la visita non avrebbe dovuto essere a carico dei contribuenti (14 milioni di euro per 4 giorni !). Si stanno organizzando manifestazioni di protesta, per dirne due quelle legata agli abusi sui minori commessi da religiosi e quella delle donne cattoliche e attiviste che richiedono l'accesso al sacerdozio. (vedi)
E pensare che tutt'oggi la scalata alle più alte cariche cardinalizie sembra sia direttamente proporzionale all'osteggiamento dello stesso candidato al sacerdozio di donne e omosessuali.
A complicare il tutto la dichiarazione del cardinale che avrebbe (è stato poi strategicamente dispensato) dovuto accompagnare il pontefice: ha definito Londra paese del Terzo Mondo. E' su tutte le prime pagine dei quotidiani britannici stamattina e la solita rettifica/fraintendimento a posteriori non ha convinto nessuno.
Ma la vera notizia per me italiana è una protesta così capillare contro un'organizzazione potente e secolare in barba all'etichetta dell'accoglienza: da noi sarebbe possibile? E soprattutto sarebbe non strumentalizzata e ideologizzata? (e non credo dipenda solo dal fatto che qui la maggioranza è anglicana)

-A Washington il Foreign Policy, magazine di politica internazionale, scomoda il VI canto del Purgatorio dantesco per definire lo stato attuale del nostro paese, più o meno ridotto allo stato di un bordello in tutti i sensi possibili, in cui una pletora di cortigiani senza cervello e senza più volontà fa la corte non si sa a che cosa, forse al re, forse a qualche affaruccio personale, forse ai propri acquisiti privilegi, mentre la plebe,  i "servi della libertà", stanno a guardare. (vedi)

Bene, ho proprio voglia di tornare a casa.

15 settembre 2010

Qualche dettaglio

Dicevamo di Elizabeth e Charles BB. Ecco io sarei Elizabeth, lui sarebbe Charles.
Il nostro lavoro vero è cercare di curare le persone, ma alla nostra veneranda età (sui 30-35 diciamo) ci siamo detti che ora o mai più e ci siamo messi a scrivere. Io le mie cose, lui le sue. E' un sogno coltivato da anni. Ci siamo incontrati un pò di anni fa per studio-lavoro (quello vero), ma conosciuti parlando di cose aeree e impalpabili, raccontandoci storie, prospettando mondi (im)possibili.
Poi è arrivato il dolore. Quello che taglia il cerchio imperfetto del quotidiano, quello che recide i progetti, che ti toglie l'incanto riconquistato a viva forza, che strappa al sorriso la sua disinvoltura, che rende più difficile abbandonarsi ai sogni. Un dolore che in tanti conoscono, ma che per ognuno segna un passo.
Poi abbiamo mosso il passo successivo e altri ne muoveremo.
Ho pensato che scrivere qui potrebbe aiutarmi a tenere il passo, ecco, diciamo così.

Con gli occhi del ritorno

Di Londra ricorderò

- le colazioni da Kitchen and pantry (versione healthy di starbucks) con gli small cappuccino sempre troppo grandi, affogati in poltrone di pelle marrone, mentre ascolti le hit of '60 e dalle finestre aperte entra un certo vento del nord
- la conversazione, spesso sempre sullo stesso tono ( ma non sulla stessa nota), così rilassante per chi proviene da estenuanti e logaritmiche discussioni italiane
-  l'incoerenza: ma se guidate a sinistra perchè sulla scala mobile vi disponete a destra?
- l'incredibile incetta di opere italiane di cui sono pieni i musei
- i ristoranti thai ( e vietnamiti e messicani e spagnoli..) dove trovi anche anche un ottimo sushi
- l'aria sospesa delle pesone in metro
-  l'arcobaleno mercato di Portobello Road
- i pub, una versione country del nostro aperitivo, una versione light del nostro ristorante
- l'assoluto (apparente?) non senso del pudore inglese, in particolare a tavola (esperienza personale)

ma soprattutto l'assenza totale dello stereotipo. Il contrario di ciò che ti aspetti: il tipo vestito strano e alternativo è un prof del College, la signora con la sportina della spesa è una spia internazionale, quello che ti affitta la casa è un celebre chirurgo specializzato in trauma toracico (sì), la ragazza che vaga per nottingh hill con un trolley 7 su 10 non è una turista, ma una che di mestiere fa la truccatrice a domicilio e dentro la valigia ci tiene l'occorrente per il make up (giuro)..
Mi chiedo: in Italia sarebbe possibile una tale imprevedibilità ? Da un lato mi fa un pò paura l'ubriacatura di libertà, dall'altro so che significherebbe una maggiore tolleranza e apertura, cosa di cui di questi tempi c'è un bisogno assoluto.

Vorrei poter abitare di nuovo nel paese che nel 1400-1500 era un modello per tutta l'Europa.
Di novità, prospettive individuali e collettive, progresso.
Vorrei poter realizzare un sogno al di là del mio mestiere, senza che questo risulti incomprensibile ai più.
Vorrei che Elizabeth e Charles Barrett Browing emigrassero di nuovo a Firenze nella speranza (non vana) di iniziare una vita piena di possibilità.

13 settembre 2010

mai avere troppe aspettative


Già. E infatti se l'inizio di settembre è già gravato non da un grosso progetto diciamo di  lavoro, ma addirittura da due, oltre ad altre cosucce personali, cosa si fa? Si fugge a Londra e si dà inizio anche al blog.
Non c'è che dire, non pecco di coerenza.
Avere ed essere. Sono due tra i primi verbi che ti insegnano da bambino. Sono i due poli opposti del quotidiano. Anche loro sono inizi, in qualche modo.