22 novembre 2010

Modi di farsi male

Il bunker-nascondiglio

All'interno si accede da un varco che qualcuno ha ricavato contravvenendo alla disposizione casuale delle pietre di un muro a secco lungo appena un metro e mezzo, unico artificio umano nella vastità arsa della campagna.
Guadagnarsi l'entrata a carponi, arrivare a due terzi del corridoio senza accorgersi dei propri movimenti, rivederli all'indietro come un flash-back, fermarsi un attimo immobile dopo la fuga, le arterie delle gambe così pulsanti che ti sembra fuoriescano dai condotti andando a sbattere sulle pareti.
Arrivo finalmente all'esito, i due metri quadri di quadrilatero finale e indosso come un cappotto di lana grezza l'odore solido d'uovo andato a male che proviene dal lavandino e mi siedo sulla polvere stratificata del letto e respiro. Sono libero.


Eu-tanatos

Prigioniero di nessuno se non di me. Ma non di me inteso come io, persona, interiorità, es, ego e tutto il resto. Prigioniero del corpo involuto, dove le sinapsi non sono ormai che sentieri sbarrati da inevitabili frane muscolari. Le gambe, le braccia, le mani, i piedi. I muscoli facciali. Il diaframma.
Il mio corpo non agisce da solo, ovvio. Il suo complice è di bassa statura, ma di grande ingegno. Possiede circuiti che si sviluppano attraverso pulsanti, indici di regolazione, parametri visivi, tutti convergenti verso la grande mano tubiforme che termina dritta dritta nel centro di un buco che mi hanno praticato al centro del collo. Quel buco è il punto strategico dove il mio corpo e il suo complice si riuniscono nell'unico, miserabile intento di soffiarmi dentro aria. E nell'altro viscido intento di soffiarmi fuori aria. Solo aria, però. Non voce per le corde vocali, non espressioni, gesti, movimenti volontari. Solo aria.
Il corpo e il suo complice pensano che l'aria sia l'antidoto contro la morte. Se lo pensano tutti e due, sarà così. Forse sono anche cieco.


(Riflettevo in quanti modi l'essere umano può farsi del male..)




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